Intervista a Paolo Toselli

scritto da alessandro il 14 febbraio 2005 Commenti 0 Approfondimenti , Interviste

Abbiamo intervistato Paolo Toselli, una delle personalità più conosciute nel campo delle leggende metropolitane in Italia. Autore di diversi libri ed articoli sull'argomento, è anche fondatore del Centro per la Raccolta delle Voci e delle Leggende Contemporanee, unico caso in Italia di associazione mirata alla raccolta e allo studio di questo fenomeno sociale e comunicativo.

Chi è Paolo Toselli, e cosa fa?
Sono nato, anagraficamente, nel 1960 ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria, città dove risiedo. Sono impiegato presso una società di distribuzione del gas del gruppo Eni. Da anni mi occupo di argomenti di “frontiera” che spaziano dalla psicologia della testimonianza, alla percezione visiva, alla trasmissione dell'informazione, applicati in generale alle tematiche dell'“insolito”. Passione che tuttora coltivo assieme a quella per le leggende metropolitane.

Quando e perché ha iniziato ad interessarsi al fenomeno delle Leggende Metropolitane? È stato un interesse cresciuto gradualmente o ha avuto una sorta di "illuminazione"?
Quando ancora non si parlava di leggende metropolitane, raccoglievo saggi e articoli sulle “voci” (“notizie” brevi, poco verificabili, che nascono da un processo di discussione collettiva, in inglese “rumors”). All’inizio degli Anni 80 acquistai il libro di Edgar Morin “Medioevo moderno a Orléans” che analizzava da un punto di vista sociologico la storia secondo cui nei camerini di alcuni negozi di abbigliamento scomparivano ignare ragazze per essere avviate alla “tratta delle bianche”. Poi fu la volta del saggio di Jean-Noel Kapferer “Le voci che corrono”.
Queste ed altre letture, oltre allo scambio di esperienze con alcuni ricercatori internazionali, mi fecero intuire l’importanza dell’allora emergente fenomeno delle leggende metropolitane.

Lei è il fondatore del Centro per la Raccolta delle Voci e delle Leggende Contemporanee. Come e perché è nata questa iniziativa?
Essendo in contatto con studiosi che all’estero, in Europa piuttosto che negli USA, avevano iniziato ad occuparsi di “voci” e poi di leggende urbane e constatando che loro stessi si stavano organizzando in istituzioni dedite allo studio di questi argomenti, ho deciso, assieme ad una decina di persone che già conoscevo e sapevo vicine ai miei interessi, di formalizzare anche per il nostro Paese quest’attività. Nel settembre 1990 fondai pertanto il Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee (Casella Postale 253, 15100 Alessandria), in sigla CeRaVoLC. Un esempio tuttora unico nel suo genere.

Quali sono gli obiettivi, gli strumenti e le risorse del Centro?
Il CeRaVoLC è finalizzato a coordinare, a livello nazionale, le attività di raccolta dei dati sulle voci e le leggende contemporanee, favorire la circolazione di una corretta informazione sull'argomento e promuovere lo studio del fenomeno.
Nato sulla base delle singole esperienze dei suoi fondatori, il CeRaVoLC si è sviluppato rapidamente svolgendo la funzione di motore trainante per numerose pubblicazioni e tesi di laurea presentate in diversi atenei, nonché di collegamento tra studiosi italiani e stranieri di varie discipline. Grazie al puntiglioso lavoro dei suoi componenti, coadiuvati da collaboratori esterni, è stato costituito un archivio documentale unico in Italia e composto da libri, riviste, pubblicazioni varie, migliaia di ritagli e lettere, messaggi elettronici e registrazioni di racconti orali. Merito di quest’attività, tutta incentrata sul volontariato, è l’aver evitato il rischio che tale materiale andasse irrimediabilmente perso.
Contraddistinta da un approccio multidisciplinare e particolarmente documentato, l'attività del CeRaVoLC si è tradotta per un certo periodo anche nella redazione di un notiziario aperiodico dal titolo Tutte Storie, unica fonte specializzata esistente in Italia (ora in parte disponibile su Internet all’indirizzo http://leggende.clab.it). Svariati sono anche gli interventi di consulenza richiesti da diverse testate giornalistiche, televisive e radiofoniche.

Quali strumenti ha usato e quali usa per studiare questo argomento?
All’inizio la raccolta delle “storie” avveniva quasi esclusivamente attraverso la registrazione e la trascrizione dei racconti orali. Poi ho utilizzato una sorta di “questionario conoscitivo del folklore moderno” in cui venivano elencate sinteticamente alcune leggende contemporanee e si chiedeva se erano note e di descriverne i particolari. Parallelamente ho cercato, sempre in collaborazione con gli altri componenti del CeRaVoLC e dei collaboratori che via via si sono succeduti, di monitorare il più possibile la stampa (soprattutto i quotidiani e i settimanali). L’attivazione di un sito Internet e di una mailing list sono stati utili per farci conoscere, ricevere numerose informazioni su nuove e vecchie leggende, ed instaurare una discussione sulle stesse.
Per quanto riguarda invece l’analisi delle storie e per risalire la catena con cui si è formata e tramandata la leggenda ci muoviamo tra una sorta di indagine poliziesca e di approfondimento che può utilizzare vari approcci: da quello storico, a quello sociologico, a quello folkloristico o antropologico.

Secondo lei, cosa sono e perché nascono le Leggende Metropolitane?
Il termine urban legends, da noi tradotto come “leggende metropolitane”, forse non è il più adatto per definire quello di cui stiamo parlando. Sarebbe più corretto chiamarle “leggende contemporanee”, visto che la loro ambientazione non sempre è la metropoli, né tantomeno vengono raccontate solo nelle grandi città, ma ormai la definizione è entrata a far parte del linguaggio comune.
Le leggende metropolitane sono un genere narrativo abbastanza definito: si tratta di storie che hanno protagonisti dei nostri giorni, ma sfuggenti, anonimi, che nascono da discussioni collettive e circolano in modo incontrollato, che mescolano elementi reali con alcuni verosimili e altri decisamente falsi.
Le nuove leggende possono presentare elementi comici, ma è l’angoscia a farla da padrona. Esse esprimono sovente l’inquietudine, la paura prodotta in noi dall’“altro”, il diverso, lo straniero, la novità. Danno un senso a fatti socialmente importanti che non hanno un’interpretazione chiara o accettata. Pensieri ed “entità” che si introducono nella mente e nel corpo. Il messaggio trasmesso è di solito conservatore. Il loro racconto è in qualche modo un toccasana, una forma particolare di esorcismo. In sintesi, semplificando, si possono considerare una sorta di favole per adulti.

Lei è già autore di diversi libri sull'argomento, ed è recentemente uscito "Storie di ordinaria falsità" (BUR, 2004), il suo ultimo lavoro. Ce ne parli.
Il mondo in cui viviamo è pieno di innumerevoli storie inerenti ad eventi, grandi e piccoli, che raramente abbiamo vissuto in prima persona, ma che sovente plasmano e condizionano la nostra vita. Le notizie trasmesse da giornali, radio, tv, libri o scambiate attraverso Internet o diffuse col più antico dei modi, il passaparola, sono tutte vere e credibili oppure sono storie infondate, bufale, fattoidi, leggende metropolitane?
Questo è l’argomento attorno al quale si sviluppa il mio ultimo libro “Storie di ordinaria falsità”. Dal conflitto in Iraq alle leggende della seconda guerra mondiale passando per il Vietnam. L’Aids e la Sars: epidemie reali e mediatiche. Contaminazioni: pompelmi blu, gomme afrodisiache e bibite sterilizzanti. Internet e i “falsi” allarmi sulla pericolosità dei prodotti di gran consumo. La droga dello stupro e la psicosi Acquabomber. Dal mito del cyberterrorismo ad Echelon: siamo tutti spiati? Dai predatori d’organi agli “snuff movies” e gli abusi rituali satanici.
Argomenti di grande attualità, ma cosa c’è di vero in queste storie e quali meccanismi si celano dietro il loro nascere e la loro diffusione? E’ possibile stabilire con certezza il confine tra realtà e fantasia o si tratta di una demarcazione immaginaria mai certa e in continua evoluzione? Il libro cerca di svelare la genesi di queste e molte altre “notizie” e le conseguenze del loro essere credute vere.

Secondo lei, nel nostro Paese, c'è abbastanza interesse a questo argomento? O piuttosto la leggenda metropolitana viene vista superficialmente come "sciocchezza" o fenomeno di costume, e relegata a semplice passatempo?
In Italia si iniziò a prendere coscienza di questo singolare fenomeno nel 1988. Negli ultimi anni, oltre alla pubblicazione di diversi libri e articoli che hanno contribuito a far conoscere e riconoscere al grande pubblico l’argomento come genere narrativo ben definito, si è diffusa la moda di utilizzare la “leggenda metropolitana” per indicare una bufala, una battuta scherzosa, una diceria, un pettegolezzo, insomma qualcosa di “non vero”. Ma una simile generalizzazione, sempre più spesso attuata dai mezzi di informazione, è quantomeno fuorviante.
Dobbiamo sfuggire alla tentazione di considerare semplicisticamente le leggende metropolitane come sinonimo di falso o un genere esclusivamente da smitizzare e screditare, magari assumendo un atteggiamento denigratorio nei confronti di coloro che credono in queste storie. Oppure considerarle come puro divertissment. La tentazione per molti è forte, ma non è l’atteggiamento corretto o quantomeno condivisibile dal punto di vista di una seria ricerca.
Molti ritengono che la “credenza” nelle leggende metropolitane denoti ignoranza e mancanza di senso critico. Ma sovente sono proprio le persone istruite, razionali, che rivestono incarichi di responsabilità, i maggiori portatori e diffusori di leggende metropolitane.
Lungi dall’essere storie insignificanti sono al contrario narrazioni piene di significato, che vale la pena di studiare e comprendere. Ritengo l’analisi delle leggende contemporanee un settore chiave della ricerca sociologica e sul folklore moderno. Anche solo diventare consapevoli di questo folklore è una rivelazione in sé, ma superare questo stadio per paragonare le storie, chiarire i loro temi ricorrenti e metterli a confronto con altri aspetti del patrimonio culturale, può aiutare a penetrare più a fondo lo stato della civiltà in cui viviamo.
Anche per questo, nel novembre 2004 il CeRaVoLC ha organizzato a Torino assieme al Cicap Piemonte il primo convegno internazionale sulle “voci, bufale e leggende metropolitane nell’era di Internet”, una manifestazione unica nel suo genere che ha radunato tutti i massimi esponenti della materia sia italiani che europei. L’evento, che ha ottenuto un rilevante successo di pubblico a cui si è affiancato un notevole interessamento dei mezzi di informazione, ha rappresentato un importante momento di confronto e di divulgazione, ed un primo passo per far riconoscere l’importanza del fenomeno.

Le Leggende Metropolitane sono presenti in molti ambiti, dalla musica alla scienza, dai prodotti commerciali alle situazioni di vita quotidiana, dalla politica, etc.. Ci sono degli ambiti di ricerca che predilige? O meglio, predilige approfondire certe leggende piuttosto che altre?
Un aspetto che mi vede maggiormente coinvolto è la ricostruzione della catena dell’informazione, sia quella temporale che quella geografica, cercando di comprendere dove e quando sono nate le maggiori varianti. Poiché è difficilissimo scoprire chi ha “prodotto” per primo una specifica leggenda metropolitana, mi stimola cercare di comprendere almeno approssimativamente il momento e la località in cui ha iniziato a diffondersi o ha ripreso a circolare, oltre gli elementi reali che l’hanno “innescata”.
Tra l’altro, mi interessa molto tutto ciò che concerne gli “avvistamenti” di felini esotici (pantere, leoni, tigri) nelle nostre campagne. Un argomento un po’ tra la leggenda contemporanea, i fenomeni cosiddetti “fortiani” e la criptozoologia.

C'è una leggenda a cui è particolarmente legato?
Più che una in particolare ve ne sono alcune. Tra le preferite quella delle “vipere volanti”, ovvero i lanci di questi deliziosi animaletti attrezzati di paracadute che qualcuno attuerebbe nottetempo da fantomatici aerei o elicotteri per un ipotetico ripopolamento, quella dell’autovelox traditore, causa di divorzio tra una coppia, in cui lui è stato immortalato dalla diabolica macchinetta con una vistosa bionda a bordo, quella della moglie abbandonata all’altare in quanto il promesso sposo l’aveva scoperta la notte prima in “intimità” col suo migliore amico, oppure ancora quella, già citata prima, della boutique del “prêt-à-déporter” dove una botola nel pavimento del camerino cela un imbarco per la tratta delle bianche o, peggio ancora, l’anticamera di una sala operatoria finalizzata al commercio clandestino di organi umani.

Ci sono dei progetti o delle iniziative per il futuro di cui si sta occupando?
Al momento sto curando il libro collettivo che sarà pubblicato a breve dall’editore Avverbi e che raccoglie i vari contributi presentati nel corso del convegno torinese. Un’opera che si distingue da tutte quelle precedenti per i differenti argomenti trattati e la molteplicità degli approcci all’argomento. Nel cassetto ho inoltre il progetto di approfondire le ricerche e l’analisi sulla cosiddetta leggenda della “morte per scommessa al cimitero”, su cui esiste pochissima letteratura specializzata. E’, assieme a quella dell’”autostoppista fantasma”, una tra le leggende contemporanee più “antiche”, con riscontri di ambientazioni medioevali. Numerose sono le citazioni cinematografiche e letterarie (tra cui, a sorpresa, un componimento infantile di Padre Pio), ma soprattutto ho scoperto interessanti collegamenti con un antico pilone votivo. Anzi, colgo l’occasione per lanciare un appello a tutti i frequentatori di questo interessante sito a fornire il loro personale contributo coi particolari a loro noti di tale storia, che è stata ambientata nel tempo un po’ in tutti i cimiteri italiani. Ma anche in altri luoghi. E qui non vado oltre, per non rovinare la “suspence” della ricerca!

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